Il 7 febbraio di quest’anno abbiamo ricordato l’anniversario, precisamente il ventiduesimo, della firma del Trattato di Maastricht.
Tutto di soppiatto avvenne, proprio là, nella cittadina olandese di 120.000 abitanti al confine, guarda caso, con Belgio e Germania. Bene, quel giorno tutti i capi di stato e di governo compresi i nostri Andreotti e Cossiga, diedero il loro benestare all’adozione di quei parametri e regole (revisionate successivamente dal Trattato di Lisbona nel 2007 e sancite poi definitivamente con il Patto di Bilancio del 2012) che da lì a poco sarebbero entrati in vigore: 1° gennaio 1993.
Il Trattato di Maastricht, se vi piace di più, Trattato sull’Unione Europea, fissa oltre le regole anche i requisiti, le modalità e i tempi per instaurare una moneta unica in Europa. Esso aveva bisogno di tre passaggi fondamentali prima di dichiararsi compiuto (con o senza successo) e queste fasi sono state: la libera circolazione di capitali (1° luglio 1990), la convergenza delle politiche economiche degli stati membri (1° gennaio 1994) e la creazione di una banca centrale europea (1° gennaio 1999).
Fin qui tutto bello, o quasi. Tutto bello fin quando non cominciamo a dare qualche numero ed a indicare le regole stabilite in questo trattato: per prima cosa il disavanzo nei conti dello stato non può superare il 3% del PIL; il debito pubblico non deve superare il limite imposto del 60% rispetto al PIL; l’inflazione non deve superare il 2% .
Ecco, questi sono i punti più importanti sui quali ci soffermeremo. Di questi punti concordati nel ‘92, se ne è accorto anche un europeista acciecato come Romano Prodi (sempre meglio tardi che mai!), il quale ha sempre pensato cose del tipo “che la parola dell’UE è una fonte infinita di doveri (ma anche di diritti), che le cessioni di sovranità alla Commissione Europea e alla BCE è un dovere democratico e non ha violato la carta nazionale, che l’austerità ha risanato i conti e consentirà sviluppo, che l’Euro fa bene e uscire sarebbe come suicidarsi, ma soprattutto uno che ha contribuito ad occhi chiusi a portarci in tutto questo marasma). Insomma se ne è accorto anche l’uomo politicamente corretto, il quale ravvedendosi, ci consiglia a distanza di vent’anni, di rivedere i parametri come quello del disavanzo del 3%, perché così non va. Ringraziamolo. Inoltre l’Euro essendo un blocco degli aggiustamenti dei cambiindustria dei paesi meno forti a vantaggio di quelli forti, oItalia dalla firma di quel trattato? E perché nessun economista e nessun giornalista ci ha avvertito di tutto ciò? Forse perché i lori stipendi sono pagati, per nascondere ed omettere le vere notizie importanti, dalla finanza internazionale? Mettiamoci una pietra sopra, per il momento. Detto ciò, nemmeno la media europea rientra nei parametri di Maastricht con il suo deficit/PIL al 3.7% e con il suo debito/PIL al 90.6%. Neppure la prosperosa Germania, guarda caso, rientra nei parametri con il suo 80% di debito rispetto al PIL, eppure diciamolo francamente,nei vertici europei.
Il tempo corre velocemente e non lascia scampo. Non dobbiamo perdere ulteriore tempo; gli imprenditori si stanno suicidando, i consumi interni si stanno riducendo al minimo storico e i salari si stanno svalutando ulteriormente, rischiando di trascinare tutta Europa nelle sabbie mobili della deflazione con le conseguenti mobilitazioni di massa che spesso e sfociano nella violenza. Pensiamoci!