I primi due infortuni
Sembra di rivivere esattamente lo stesso incubo di 13 anni fa.
Era il 2006 quando stavo giocando una partita di calcio a 8 (torneo) e un avversario, mentre correvo indisturbato sulla fascia, venne a chiusura con una spallata del tutto scomposta che mi fece ruotare il ginocchio. Sentii un ‘crac’ e i successivi accertamenti strumentali accertarono che si trattava di una rottura completa del Legamento Crociato Anteriore del ginocchio destro. Da li ad un anno mi riuscii ad operare all’ospedale San Carlo di Nancy nei primi giorni di agosto 2007. I miei erano in vacanza, io mi misi in lista di attesa e chiamavo tutti i giorni il reparto di ortopedia per sentire se magari qualcuno avesse disdetto. Improvvisamente, ad agosto quando uno meno se lo aspettava, un posto si liberò. Mi accompagnò il mio amico Luca con sua madre che ancora ringrazio. Dopo quell’operazione, la cui convalescenza durò più di 6 mesi, il ginocchio non recuperò mai a pieno in quanto anche i menischi si erano danneggiati con quel trauma, e con il tempo arrivarono ad un punto di non ritorno. Mi dovetti operare nuovamente al ginocchio destro (sempre al San Carlo di Nancy) per effettuare una meniscettomia del menisco mediale, una sorta di pulizia/limatura del menisco danneggiato. Era il 2016 e anche qui fui operato dal dott. Lovati. Convalescenza circa 3 mesi.
Il terzo infortunio
L’incubo purtroppo si ripete: 25 marzo 2019.
Stavo giocando una partita di calcetto con degli amici, quando a fine partita, senza alcuna pressione di un avversario, per evitare che il pallone uscisse in fallo laterale, il ginocchio si impunta nell’erba sintetica del campo e ruotò. Sentii lo stesso ‘crac’ di quel lontano 2006. Andai al pronto soccorso dove accertarono solamente che non avessi subito fratture senza darmi rassicurazioni sui legamenti. Il ginocchio nel tragitto dal campo all’ospedale si era talmente gonfiato che fui costretto a sedermi in carrozzella. Andai a fare successivamente una risonanza magnetica. Dentro di me speravo con tutta la forza che si trattasse magari di una lesione ai legamenti collaterali i quali non necessitano di intervenire chirurgicamente. Presi la risposta e appena aprii la cartellina del referto, alla prima riga si evidenzia: lesione completa LCA ginocchio sinistro.
Mi cascò il mondo addosso. Andai qualche giorno dopo in visita dal dott. Lovati con in mano il referto dell’esame strumentale. Mi disse che non avevo alternativa, dovevo operarmi. Volevo a quel punto togliermi subito il dente e recuperare almeno in vista dell’estate e concordai di operarmi in clinica Paideia con lui il 16 aprile, qualche giorno prima di Pasqua.
Il giorno dell’operazione
Arrivò quel, non so dire se benedetto o maledetto, 16 aprile. Mi presentai all’accettazione dei ricoveri alle ore 08.00 e dopo aver saldato la quota dell’operazione, mi accompagnarono nella mia stanza, la 309. E’ difficile descrivere il mio stato d’animo all’ingresso della clinica. Dopo una mezz’ora arrivò l’analista in stanza che mi fece un prelievo del sangue. Poco dopo iniziarono le visite pre-intervento: per primo arrivò il cardiologo che mi fece l’elettrocardiogramma e misurò la pressione (120 max – 80 min). L’intervento era previsto per le 14.00 e il tempo sembrava non passare mai. Sono state ore di intensa ansia e agonia, Sara ne sa qualcosa! In ultimo, un’oretta prima delle 14.00, si presentò in stanza l’anestesista, il dott. Marzulli, che se non vado errato è lo stesso dei precedenti interventi. Mi propose una anestesia epidurale. Lo interruppi subito e gli dissi che io avrei fatto solamente l’anestesia generale come nei due precedenti interventi. Lui provò a convincermi ma non ci fu verso.
Mancava quasi mezz’ora alle 14.00 e mi dovetti predisporre sul letto con quella orribile mantellina da sala operatoria. Avevo provveduto a depilare l’arto la sera prima.
Sentii “Meschini, ci siamo. Sei pronto?”. Toccava a me e fingendo tranquillità e sicurezza, andai.
Mi trasportarono in sala operatoria, e appena arrivato incontrai l’anestesista e il dott. Lovati. Il primo mi preparò all’operazione, mi mise l’agocannula sulla mano e mi iniettò, a suo dire, un siringone di “aperitivo” che avrebbe dovuto stordirmi. Poi (a sorpresa) mi fece un blocco femorale, ovvero una puntura sull’inguine con forti scosse per tutta la gamba. In ultimo, mi fece un altro siringone, credo di anestesia. Da quel momento il buio…e quindi non raccontabile.
Mi risvegliai, dopo poco più di un’ora. Mi ricordo che fui monitorato da un macchinario, il quale non smetteva di suonare, tanto da farmi subito agitare. L’assistente di sala operatoria mi disse di respirare forte per farlo smettere. Appena cominciavo a respirare forte il macchinario smetteva di suonare…chissà! Dopo un po’ vennero a prendermi le infermiere, le stesse che mi hanno portato giù. Appena tornato in stanza, controllai la gamba, era tutta incartata, incerottata, un po’ come una mummia, con un drenaggio che usciva e finiva in un contenitore. La gamba si muoveva e quello era l’importante! Sull’agocannula non so cosa ci fu attaccato, credo antidolorifico e antibiotico. Mangiai alle 18.00 circa, e la sera dormii una meraviglia scaricando tutta la tensione. Rimasi in clinica per 3 giorni, e poco prima di uscire vennero a togliermi l’agocannula e il drenaggio. Il fastidio/dolore percepito nel togliere quel tubicino da dentro il ginocchio è pazzesco. A differenza del precedente intervento di LCA, uscii a piccoli passi a gamba libera e senza tutore. Arrivai a casa e sentii che la parte più brutta era appena terminata.
La riabilitazione
I primi 15 giorni post intervento li passai a casa a fare kinetec (strumento a noleggio per il recupero progressivo della flessione del ginocchio. Andranno raggiunti 110°, aumentando di circa 10° ogni dì. Altra scocciatura sono state le calze antitrombotiche ad entrambe le gambe, l’iniezione di eparina alla pancia per chi ha scarsa mobilità e l’antibiotico. Dopo 7 giorni andai in visita di controllo per medicare la ferita. Al termine dei primi 15 giorni post intervento ho provveduto a rimuovere i punti metallici di sutura e iniziai la riabilitazione presso un centro fisioterapico vicino casa di nome “Physiocare” i quali sono stati molto ma molto bravi. Da lì sono stati mesi duri ma in discesa. Ti senti quasi guarito quando torni a fare una corsetta (pur con qualche zoppia) all’aria aperta.
Oggi posso dire che per amore dello sport ho anche affrontato giorni duri e soprattutto di sconforto, ma mai ho pensato di abbandonare ciò che mi fa stare bene e che mi rende felice e spensierato. Mai.